domenica 11 novembre 2012

PPP - 10 novembre 2012 - L'evento (Ostia, p.zza Anco Marzio)






Video, immagini e interventi del secondo appuntamento, tenutosi sabato 10 novembre 2012, alle ore 17, in p.zza
Anco Marzio ad Ostia, per commemorare il grande intellettuale Pier Paolo
Pasolini.

Lettura di un racconto inedito di R. Fraschetti, scritto appositamente per l’evento, sull’Idroscalo di Ostia

“Perché il Processo", Corriere della Sera, 28 settembre 1975

Riccardo Corbucci (PD), Vice Presidente del Consiglio del IV Municipio

Stefano Salvemme (PDL), Vice Presidente del Consiglio del
XIII Municipio

Stralcio del documentario “Sabaudia e la civiltà dei consumi”

Leonardo Ragozzino, Responsabile Cultura SEL Roma Area
Metropolitana

Paolo Surini, Esecutivo Regionale IDV Lazio e portavoce IDV
XIII Municipio, purtroppo ha dovuto abbandonarci per gravi motivi familiari.

Lettura dell'estratto del capitolo del libro "Vite periferiche di Enzo Scandurra (Ed. Ediesse, 2012), storie di solitudine e marginalità in dieci quartieri di Roma. Qui sotto il testo integrale.


"All’Idroscalo ci si arrivava percorrendo il lungomare a Ponente. Giri a
destra alla fine della Via del Mare e prosegui fino in fondo. E così ora le
tombe sono due. Quella di Pier Paolo a poche centinaia di metri e questa dell'Idroscalo.
Che sia un tomba lo testimonia un cancello e un perimetro di blocchi di cemento, quelli che in
genere si pongono a cavallo delle due corsie delle autostrade.
Sul cancello la scritta: «Cancello della vergogna, da qui non passerà più
nessuno». Su quel cancello sono appese delle vecchie scarpe. La scritta
continua così: «Queste le scarpe di coloro che questo territorio lo hanno
attraversato per tanto tempo». Ma ormai è passato un anno da quel giorno, il
cancello si è riempito di scarpe, i lavori per la riqualificazione dell’area,
promessi dal sindaco di Roma, non sono mai iniziati. Torno indietro verso
quello che una volta era un piazzale rotondo sterrato e che ora in parte ancora
lo è ma con mezza circonferenza senza più confine. Il semicerchio ora si apre
direttamente sul mare. La piazza, quello che di essa resta, è anche il capolinea
di due autobus: 014 e 015, vanno a Roma. Guardo per vedere se c’è un bar; c’è
una casetta rosa con sopra la scritta: «sede del comitato» e un numero di
cellulare a seguire. «Me lo farebbe un caffè?», chiedo all’unica persona dentro
il locale. «Ci provo» mi risponde quello poco convinto e azionando la macchina.
Dopo di me entra un’altra persona: «Se ci riesci, fammelo pure a me». Mi metto
sull’uscio del locale come a far capire al signore della macchina che non me ne
sono andato, che aspetto fiducioso. Sulla piazza solo poche persone e i soliti
cani. Questi cani dell’Idroscalo sono un po’ particolari. In genere sono brutti
e spellati, ma di loro colpisce la pigrizia. Sì, dico pigrizia perché stanno
fermi seduti in terra o si muovono lentamente, come gli abitanti, quasi
indecisi su dove andare. Girano e rigirano, ma poi ritornano dove erano.
Incuriosirebbero perfino Charles Darwin questi cani, tante sono le varietà che
appaiono e scompaiono dai vicoli. Piccoli, grandi, con pelo e senza, di tanti
colori, ma in genere colpisce la loro «tristezza», del tutto compatibile con
quella di questi luoghi. Il signore del caffè bofonchia. L’altro cliente che
era insieme a me se ne è andato. Dico, come a farmi perdonare di una richiesta inopportuna:
«Se non ci riesce fa niente». Lui nemmeno risponde, vedo che ogni tanto riempie
la tazzina del caffè per poi versarne il contenuto nel lavandino. Mi ricordo
che i «primi» caffè vanno buttati perché non sono buoni. Ma non sembra questo
il motivo dell’insuccesso. Torno ai miei pensieri, all’Idroscalo. Mi dicono che
i 153 abitanti sono stati trasferiti alla Madonna del Divino Amore, altri ad
Acilia. Non vedranno più il mare né sentiranno il suo rumore di notte. Vorrei
sapere se anche le case rimaste, più lontane dal mare di quelle abbattute,
saranno prima o poi demolite. In assenza di interlocutori, lo chiedo all’uomo
della macchina del caffè che non risponde nemmeno questa volta, interamente
assorto nel tentativo di far funzionare l’aggeggio. Continuo a girare per la
piazza; al caffè ci ho rinunciato ma non so come dirlo al gestore del presunto
bar. Ci pensa lui, esce dal locale e lo sento dire che la macchina del caffè
non va in pressione, chiede aiuto all’altro con cui sta conversando al
telefono. Ora posso
andarmene, risalgo sulla mia auto, faccio un mezzo giro della piazza e riprendo
via dell’Idroscalo. Alla mia destra c’è ormai il muro del Nuovo Porto di Roma dal
quale sporgono centinaia di alberi di navi. Quando il muro si interrompe so che
il piccolo monumento funebre dedicato a Pier Paolo è vicino. Non c’è
parcheggio, il cancello è chiuso e sopra c’è la scritta: «giardino letterario».
Per visitarlo devi rivolgerti alla Lipu. Il giardino, visto da fuori, è una
sorta di piccola oasi nel bailamme del paesaggio. Il monumento si scorge bene:
una colonna greca monca a simboleggiare la vita spezzata di Pier Paolo; intorno
due colombe spiegano le ali in segno di libertà sovrastate da una luna piena,
il simbolo della poesia. Ricordo quando quell’uomo, a me sconosciuto, girava
nel mio
quartiere al Prenestino sempre circondato da persone. Sapevamo che era
«qualcuno», ma chi? Si diceva «è un frocio!», faceva l’attore, il regista,
insomma era nel cinema. Allora girava Accattone e molte delle persone del film
le aveva reclutate sul posto. Qualche volta – avevo 14 anni – lo sentii parlare.
Pensai che non era dei «nostri», parlava una lingua colta, senza accenti, si
muoveva quasi
scattando, sembrava possedere una grande energia e forza fisica. Tanti anni
dopo – era il Sessantotto – lo sentii di nuovo parlare in un’assemblea pubblica
a Villa Borghese. Eravamo diffidenti ma affascinati dalla sua prosa diretta,
decisa, rabbiosa. Mi volgo all’indietro, a sinistra, dalla parte opposta al
mare, scorgo il Maschio commissionato a Michelangelo dai papi Pio IV e
Pio V. È la torre di San Michele voluta da questi papi per garantire la
sicurezza della navigazione. Un tempo i papi possedevano un’intera flotta di
navi e un arsenale dove venivano fabbricate che, ancora oggi, quasi intatto,
sta accanto a Porta Portese. Poco più avanti, sulla destra, c’è l’ingresso al
Nuovo Porto. Ci entro perché cerco un bar: chiedere al gestore del caffè
dell’Idroscalo se c’era un bagno, non me la sono sentita. Qui sicuramente un
bagno per fare pipì lo trovo.






Nessun commento:

Posta un commento