giovedì 29 ottobre 2015

IDROSCALO DI OSTIA, DACCI OGGI LA NOSTRA TRUFFA QUOTIDIANA

Ha ragione la Dott.ssa Myrta Merlino, siamo un Paese pronto a tutto, in cui serpeggia arroganza e assenza di vergogna. Un Paese che truffa i più deboli togliendogli la loro dignità e i giornalisti, che “dovrebbero fare autocritica culturale”, essere il quarto potere, la voce critica appunto contro il potere, si riducono a fare il megafono di tutto (soprattutto del potere) fuorché dei fatti.
Noi, cittadini dell’Idroscalo, siamo i deboli, lo siamo da 60 anni, 60 anni di storia e di storie degli ultimi. Non ci sono case con i rubinetti d’oro all’Idroscalo di Ostia. Non ci sono i mafiosi all’Idroscalo di Ostia. Ci sono gli ultimi che meriterebbero il rispetto, almeno dei fatti.
Alfonso Sabella non è venuto all’Idroscalo di Ostia con le ruspe. Alfonso Sabella la rivoltella non la portava perché entrava all’Idroscalo di Ostia per un sopralluogo accompagnato dai cittadini dell’Idroscalo. Sabella la pistola la porta sempre con se e l’ha portata anche dentro il Municipio X.
L’Idroscalo è “nel bacino del Tevere”, vero, come Roma e le centinaia di Comuni sviluppatisi nelle aree vicino al fiume. Non è mica un reato. Se non si sa di cosa si parla sarebbe meglio prima informarsi oppure tacere.
Pasolini non è morto dove oggi c’è il borgo di 2.000 anime dell’Idroscalo di Ostia, ma dove attualmente c’è la LIPU e dove un tempo sorgevano baracche sulla spiaggia, una spiaggia che non esiste più perché ci hanno costruito il Porto. Il Porto di Roma, della Capitale d’Italia, finito nelle inchieste di Mafia Capitale. Dire che allora quelle baracche fossero meglio delle nostre case è un’offesa e un falso storico.
L’Idroscalo ha fatto sempre comodo a tutti (anche ai giornalisti), che si ricordano di noi in campagna elettorale o nell’anniversario della morte di Pasolini, quando serve cavalcare mediaticamente solo la parola “degrado”, offendendo anche la memoria di un grande intellettuale.
Sono 60 anni che accogliamo gli ultimi degli ultimi. 60 anni in cui chiediamo di riqualificare l’area. 60 anni di comportamenti schizofrenici degli amministratori. 60 anni di bugie e finti scoop. 60 anni di gente, che parla senza conoscere né tecnicamente né socialmente la nostra realtà. All'Idroscalo di Ostia ogni giorno c’è gente che viene magari solo per vedere il tramonto o per pescare. Nessuno è mai stato aggredito, nessuno è mai stato rapinato. Ma siamo stanchi di quei giornalisti che vengono con l’unico scopo di calpestare i nostri diritti, la nostra dignità di cittadini prima di tutto, magari facendosi un giro dentro ad auto blindate e vetri fumé per poi correre a pontificare in qualche salotto televisivo. Avere un nemico all’occorrenza fa sempre comodo a troppi e noi siamo un bersaglio troppo facile anche per i conigli. Nessuno ci interpella sulle scelte che ci riguardano direttamente, nessuno ci chiede la nostra opinione. Quattro anni fa l'Idroscalo di Ostia è stato vittima di un violentissimo sgombero di 35 case, ordinato dal sindaco Alemanno: oltre 1200 persone, appartenenti alle forze dell’ordine in tenuta antisommossa, hanno cacciato gli abitanti senza preavviso, sradicando intere famiglie dal tessuto sociale nel quale vivevano con vecchi e bambini, portandoli dentro a vergognosi residence, che hanno ingrassato le tasche di molti politici e colletti bianchi, dopo aver messo tutti i loro averi in dei container e dove ancora giacciono corrosi dal tempo e dalla pioggia. Nonostante il cambio di giunta e il commissariamento del Municipio i progetti per il nostro quartiere sono gli stessi della giunta Alemanno: continuare a riunirsi a porte chiuse con finti “esperti” che non conoscono il territorio, e programmare sgomberi arbitrari e trasferimenti che distruggono la nostra comunità, perché di questo stiamo parlando, di una comunità.
Da anni stiamo lavorando su un’alternativa: abbiamo presentato un progetto di riqualificazione, integrato con l'ambiente e con il tessuto urbano, e da anni collaboriamo con tutte le forze sane e impegnate di questa città, compresa l'Università di Roma, per documentare in primo luogo la volontà degli abitanti di rimanere nel quartiere e in secondo luogo la fattibilità tecnica di un progetto alternativo alla demolizione.
Da anni chiediamo di essere ascoltati e inclusi nel processo decisionale che determinerà il nostro futuro. Abbiamo una proposta concreta, partecipata e condivisa ed economicamente molto più vantaggiosa di ogni altra ipotesi finora contemplata dai politici di turno. Ma si continua, soprattutto molti di voi giornalisti, a trattarci come animali da zoo. Per le amministrazioni siamo un impiccio per gli affari del Porto Turistico, il cui patron è stato arrestato, ma il cui progetto di espansione sul nostro quartiere è tuttora il piano urbanistico vigente per la Foce del Tevere. Come se in questo momento storico Ostia abbia bisogno di altre costruzioni e demolizioni, pane per i denti delle mafie e dei corrotti.
Stiamo ancora attendendo l'esecuzione dell'ordinanza n.43 del 17/2/2010, che prevedeva, dopo lo sgombero, il rinforzo degli argini del Tevere. Lo sgombero è stato realizzato, ma il rinforzo degli argini no, perché evidentemente la pubblica incolumità dei cittadini dell’Idroscalo di Ostia non interessa a nessuno, eppure il Sindaco è “primus inter pares”, ma qui di “primis” se ne sono visti ben pochi, al massimo in campagna elettorale o durante le demolizioni a favore di telecamera.
Da anni chiediamo il rispetto da parte del Porto di Roma dell'Accordo di Programma stipulato nel 2002 e che prevedeva i lavori necessari ad impedire gli allagamenti di acqua piovana su via dell'Idroscalo. Il Comune di Roma non ha MAI fatto nulla, soprattutto il suo dovere, quello di sollecitare l’attuazione, e siamo stati tacciati di essere mafiosi per aver chiesto noi in questi anni, nel silenzio assordante del Comune, al Presidente del Porto di ottemperare agli obblighi previsti per legge.
Noi, gli ultimi degli ultimi, stiamo chiedendo da anni che fine ha fatto il Piano di Zona dell'Idroscalo, cioè le case popolari per gli aventi diritto dell’Idroscalo di Ostia. Sparito, sotto una colata di cemento senza che l’amministrazione battesse ciglio.
Il nostro abusivismo si chiama abusivismo di necessità (che in altri tempi e in altre epoche, scuoteva la coscienza degli intellettuali, della Chiesa, dei politici, dei giornalisti) e ci sono persone che vivono all’Idroscalo che godono di diritti di superficie, esattamente come gli imprenditori balneari. Ma voi non lo sapete, voi non studiate, voi semplicemente vi beate di ignorare perché avete poca stima del target che vi ascolta o vi legge. Voi cavalcate menzogne spacciate per verità e vi sorprendete perché qualcuno vi manda al diavolo se venite con la tracotanza di incasellare l’Idroscalo di Ostia come una Suburra.
Siamo stanchi, stanchi delle menzogne, come quelle sui contatori dell’acqua. Piazza dei Piroscafi fa parte delle 100 piazze di Rutelli. Le strade hanno un nome perché fanno parte del patrimonio comunale e fino a pochi mesi fa il Comune ha sempre rilasciato i certificati di residenza, assegnando dunque alle case anche numeri civici.
Siamo stanchi, stanchi di avere una dispersione scolastica altissima a causa di una pessima gestione degli orari dei trasporti pubblici.
Stanchi di non avere voce, di essere fotografati come i brutti, sporchi e cattivi, perché fa molto di sinistra parlare dell’emarginazione e di destra di ‘pulizia’. Stanchi di voi, giornalisti, che parlate troppo spesso di persone e fenomeni che nemmeno conoscete, che non volete approfondire, che entrate nelle case delle persone senza nemmeno chiedere permesso, che l’intervista ad uno solo diventa la condizione con cui stigmatizzare tutti. E Non basta vivere ad Ostia per dire delle verità su Ostia.
Nel nostro territorio arrivano gli ultimi degli ultimi, quelli che nessuno vuole, tranne che per i lavori più umilianti, sottopagati e senza diritti, che noi, italiani dell’Idroscalo (pare che specificare la nazionalità faccia la differenza in questo Paese), accogliamo senza problemi, senza chiedere il passaporto, cercando di sopperire all’assenza dello Stato, attraverso anche l’aiuto della Caritas. Nemmeno gli animali del più infimo circo sarebbero trattati con così grande disprezzo.
“L’aria che tira” nell’informazione è davvero pessima. Almeno all’Idroscalo, da noi l’aria che tira è pulita.
Francesca Bianchi della comunità dell'Idroscalo di Ostia

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